Prima regola, mai fidarsi dell’amore a prima vista. La scelta di un partner nel lavoro non vale forse quanto quella di un compagno nella vita? E allora indispensabile è andare contro tendenza. E guardarsi dalle trappole dell’empatia. A spiegarlo è uno dei massimi esperti di problem solving aziendale, Giorgio Nardone, psicologo e fondatore del Centro di Terapia Strategica di Arezzo. «Spesso ci ritroviamo vittime di una cultura da manuale. Ormai sappiamo che parlare a braccia conserte durante un colloquio è considerato un segnale di chiusura e tamburellare le dita sul tavolo un indizio di insicurezza. Ma presi da soli, sono dettagli svianti». Quando manca l’aiuto di un consulente, per formare la squadra ideale, fiutare il socio con cui fondare la start up del secolo o anche solo scegliere collaboratori affidabili, occorre soprattutto porre le domande giuste. «Dare ai nostri interlocutori la possibilità di esprimere in libertà il proprio punto di vista scatena reazioni interessanti », continua Nardone. «Sono le domande semplici i veri tranelli. Prima di scegliere un collaboratore gli chiederei tre cose: che cosa lo spinge a ottenere il posto, cosa pretenderebbe se fosse lui ad assumere, come pensa di svolgere il lavoro. La sua vera natura verrà fuori naturalmente. Indizi come sguardo diretto o portamento sicuro ingannano: l’empatia che scatenano può anche portare fuori strada».