Definita nella nosografia classica come bulimia, in realtà la sindrome da vomito o vomiting rappresenta un disturbo a se stante, con una struttura di funzionamento differente per il quale, di conseguenza, occorre una tipologia di intervento differente dal punto di vista delle tecniche adottate.
Su base bulimica, più frequentemente anoressica, il disturbo si struttura inizialmente utilizzando il vomito come il principale tentativo di compensare ai “danni” compiuti con il cibo. Successivamente, come accade a tutto ciò che venga ripetuto per un certo periodo di tempo, il mangiare per vomitare diviene un vero e proprio rituale basato sul piacere.
Si tratta di una sorta di demone/raptus di fronte al quale la persona si sente completamente inerme; qualcosa di indesiderato ma al tempo stesso anelato, dove il piacere deriva non tanto dal concedersi i cibi ritenuti proibiti, quanto dall’espellerli attraverso il vomito. Infatti, spesso accade che la persona arrivi a mangiare anche cibi surgelati o facilmente vomitabili, ammettendo che la propria attenzione è rivolta non tanto a quello che mangia, quanto piuttosto all’espulsione che avverrà quando si sentirà abbastanza piena.
Anche in questo caso, come per la bulimia possono essere distinte diverse tipologie, le più frequenti delle quali sono:
- trasgressive pentite: riconoscono la piacevolezza del rito del quale desiderano liberarsi. In questo caso al piacere si aggiunge la tortura, spesso derivante da anno di disturbo che occupa buona parte delle proprie giornate e che ha annullato la maggioranza delle altre possibili sensazioni piacevoli che la persona desidera recuperare (non ultimo il piacere sessuale);
- trasgressive compiaciute: mangiare per vomitare è talmente piacevole da non riuscire a rinunciarci. Spesso giungono in terapia indotte da un familiare, oppure dall’invadenza del disturbo che è dilagante, o ancora dalla massiccia diminuzione di peso dovuta al fatto che vomitano ogni cibo che ingeriscono.
Soprattutto nel caso di giovani adolescenti, esiste spesso un forte coinvolgimento della famiglia che, in questo caso, è opportuno coinvolgere nel trattamento, al fine di bloccare anche le tentate soluzioni disfunzionali del sistema, che si esplicano spesso in continui controlli e tentativi di persuasione perché la ragazza smetta di vomitare.
Obiettivo della terapia strategica è quello di spezzare il circolo vizioso che costringe la persona a rimanere incatenata al disturbo agendo sia attraverso un blocco delle tentate soluzioni adottate, sia sul rituale basato sul piacere, per giungere alla costruzione di un nuovo equilibrio con il recupero di tutte le forme di piacere precedentemente annichilite dal disturbo.
La ricerca-intervento costantemente in essere e in evoluzione presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo e gli studi affiliati svolta negli ultimi vent’anni rivela un’efficacia del modello con una percentuale di risoluzione dell’83%. dei casi trattati.
Per saperne di più:
Nardone G., Verbitz T., Milanese R., 1999– Le prigioni del cibo – Vomiting Anoressia Bulimia: La terapia in tempi brevi – Ponte alle Grazie, Milano
Nardone G., 2003 – Al di là dell’amore e dell’odio per il cibo – SUPERBUR Rizzoli, Milano
Nardone G., 2007 – La dieta paradossale – Ponte alle Grazie, Milano
AA.VV., a cura di Nardone G. e Valteroni E., 2014 – Dieta o non dieta – Ponte alle Grazie, Milano
Nardone G., Speciani L., 2015 – Mangia, muoviti, ama – Ponte alle Grazie, Milano
Nardone G., Valteroni E., 2017 – L’anoressia Giovanile – Ponte alle Grazie, Milano