TENTATE SOLUZIONI

“Si racconta di un mulo che stava attraversando con il suo carico di legna l’usuale viottolo giornaliero dalla fattoria a valle fino alla baita, in montagna, quando trovò la strada sbarrata da un grosso tronco che era caduto nella notte e che ostruiva il passaggio. Il mulo, dopo un primo momento di smarrimento, cominciò a spingere con la testa il grosso tronco senza però riuscire a spostarlo di un solo centimetro. Decise allora di intensificare il suo tentativo prendendo la rincorsa e dando delle forti capocciate al tronco per cercare di spostarlo. Capocciate che diventarono sempre più violente con il ripetersi dei tentativi. Ciò condusse il mulo a morire della rigidità e cocciutaggine”. ( Nardone,1995)

Le tentate soluzioni sono le reazioni e i comportamenti messi in atto dalle persone per affrontare le difficoltà nel rapporto con se stessi, con gli altri e con il mondo; reazioni e comportamenti che spesso complicano piuttosto che risolvere e che finiscono per irrigidirsi in ridondanti modelli disfunzionali di interazione con la realtà. Il tentativo di soluzione è la reazione che il soggetto crede migliore per una determinata situazione, perché ha già funzionato in passato in situazioni simili o perché spontanea. Se tale strategia funziona, il problema in breve tempo si estinguerà; se tale strategia non funziona allora chiaramente il problema continuerà a persistere. Purtoppo chi vive tale sofferenza sarà portato ad intensificare e a ripetere i suoi tentativi come il mulo della storia, ma più questi verranno reiterati, più le difficoltà iniziali appariranno irrisolvibili o si complicheranno, fino a far sì che tali tentativi divengano parte strutturante del problema. Gli sforzi compiuti, le “tentate soluzioni” verso il cambiamento andranno a costruire un circolo vizioso che non solo manterrà la situazione problematica la addirittura la alimenterà facendola peggiorare.

 einstein

A livello pratico, per esempio chi sperimenta la sensazione di paura nei luoghi aperti può cominciare ad evitare delle situazioni o ancora a chiedere sostegno sociale da parte di amici, parenti o del coniuge sentendo di non poter fare a meno di tale tipo di aiuto. In realtà, però, evitare e chiedere aiuto funzionano come “tentate soluzioni” che non risolvono il problema ma invece lo fanno persistere alimentando le paure e tenendo il soggetto imprigionato nella sua convinzione di non potercela fare da solo.

Scopo dell’intervento terapeutico sarà quello di produrre il cambiamento, attraverso la rottura del circolo vizioso costituito dalle tentate soluzioni che mantengono ed alimentano il problema nel qui ed ora. Tale rottura sarà data dall’utilizzo di tecniche costruite con procedure rigorose sul problema, producendo uno sblocco dalla situazione di difficoltà già dalle prime sedute di terapia conducendolo rapidamente alla soluzione del problema ed alla scoperta di risorse personali fino ad allora sconosciute.

Primo, non curare chi è normale

primo, non curare chi è normale“Cari psichiatri, smettetela di curare chi non è malato.”

“PRIMO NON CURARE CHI E’ NORMALE: contro l’invenzione delle malattie” ecco il libro suggerito nella fan page Nardone.

Il libro è un mea culpa rispetto agli errori fatti dai curatori del DSM-IV e alle relative conseguenze; un j’accuse forte e deciso rispetto alla psichiatria attuale, al suo inflazionismo diagnostico, alla pericolosità delle diagnosi di moda, all’ingenuità dell’entusiasmo di psichiatri, psicologi e operatori della salute mentale che hanno plaudito i nuovi criteri con l’idea di avvicinarsi di più alla “verità” senza porsi il problema dei rischi.

Malattie inventate, epidemie di disturbi mentali inesistenti, psicofarmaci prescritti come fossero acqua fresca… Allen Frances, un influente medico psichiatra americano che è stato per anni un protagonista “ortodosso” della sua disciplina, le rivolge ora accuse molto severe.

Giorgio Nardone: Per chi di voi non lo sapesse, sono anni che mi confronto con tantissimi colleghi perché questo modo di fare terapia venga accantonato, non a caso tutti i medici, psicologi da me formati sul mio Modello non si prefiggono di dare una etichetta facendo la semplice diagnosi (troppo spesso anche sbagliata) ma si occupano di risolvere il problema qui e ora.

Purtroppo, una delle convinzioni, più nefaste nei suoi effetti, degli ultimi cento anni è quella per cui se una persona soffre da anni una severa e persistente patologia psicologica la terapia dovrà essere altrettanto sofferta ed estesa nel tempo.

Tale credenza pseudo-scientifica ha resistito per decenni sia alla contraria evidenza dei fatti che alla evidente evoluzione della scienza. Tutt’oggi tale rigida assunzione persiste in certi ambienti, nei quali, forse, è più importante difendere l’ortodossia delle proprie teorie che riuscire a curare effettivamente le umane sofferenze; per questi, come per Hegel, “Se i fatti non concordano con la teoria, tanto peggio per i fatti”.

Per fortuna, nell’arco degli ultimi 30 anni, molti studiosi e autori, compreso il sottoscritto, hanno dimostrato e fatto conoscere la possibilità di risolvere efficacemente, e in tempi brevi, la maggioranza delle patologie psichiche e comportamentali.

Infatti, ciò che è importante considerare per produrre i cambiamenti desiderati non è come un problema si è venuto a formare nel tempo ma come questo si mantenga nel presente. Ciò che noi dobbiamo interrompere, quando vogliamo cambiare una realtà, è la sua persistenza. Sulla sua formazione, originata nel passato, non abbiamo alcun potere di intervento: il passato proprio perché passato non è più modificabile !

per saperne di più su come funziona il mio modello: http://www.centroditerapiastrategica.org/nostro-modo-costruire-realta-terapeutica.php

http://scienza.panorama.it/salute/psichiatria-critiche

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